“In tema di responsabilità penale, laddove un imprenditore non agisca in sede giudiziaria al fine di riscuotere dai suoi clienti il saldo delle fatture emesse, si presume che dette fatture siano fittizie, con conseguente responsabilità dell’imprenditore medesimo per frode fiscale”.
Cass. pen. Sez. III, 30/10/2019, n. 222
Reato: art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000
Condotta illecita: Tizio, nella sua qualità di legale rappresentante della società X , al fine di evadere le imposte, indicava nella dichiarazione dei redditi (modello unico SC2011) inerente il periodo di imposta 0000 elementi passivi fittivi, avvalendosi di fatture per operazioni in parte inesistenti (emesse dalla società Y), per complessivi 0000 Euro di imponibile, e 0000 Euro di iva.
E’ interessante segnalare che la Suprema Corte ha valorizzato quale elemento indiziario per ritenere fittizie le fatture in esame il fatto che la società Y emittente, avesse continuato ad emetterle senza intraprendere alcuna azione giudiziaria per il recupero del credito di cui alle precedenti già emesse e non pagate.
In breve: la società Y emetteva fatture in favore della società X anche per pagamenti non effettuati da quest’ultima, pur trattandosi di servizi per i quali la fattura andava obbligatoriamente emessa solo al momento del pagamento della stessa o di acconti.
La società Y continuava ad emettere fatture nei confronti della società X, nonostante il mancato pagamento delle fatture precedenti in relazione alle quali la società Y non aveva posto in essere azioni dirette alla riscossione dei crediti.
Tale condotta è stata ritenuta non solo sintomatica dell’inesistenza delle pretese creditorie, in quanto corrispondenti a servizi non eseguiti, ma anche del tutto illogica, perché la società Y non aveva mai versato l’iva corrispondente alle fatture emesse nell’anno 0000 e, dunque, avrebbe dovuto agire per la riscossione dei crediti per onorare i propri debiti fiscali, se le operazioni sottostanti fossero state effettivamente svolte.
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