“Non integra il reato di uso di marchi contraffatti la mera attività di trasporto di prodotti (nella specie, “clips, tiretti ed etichette”) falsamente contrassegnati, in quanto la condotta di utilizzo si identifica unicamente con l’attività funzionale a determinare un collegamento tra il marchio contraffatto e un determinato prodotto. (Annulla senza rinvio, CORTE APPELLO GENOVA, 22/05/2019)”.
Cass. pen. Sez. V Sent., 15/07/2020, n. 25036 (rv. 279449-01)
Reato: artt. 473 e 648 codice penale
Condotta illecita: Tizio riceveva e faceva uso, mediante trasporto, di clips, tiretti ed etichette recanti i marchi contraffatti Colmar, K-Way, Peuterey e Moncler.
E’ interessante segnalare che la Suprema Corte ha valorizzato il dato del mero trasporto dei beni per ritenere la insussistenza del fatto di reato in contestazione.
Tizio era stato riconosciuto, in primo e in secondo grado di giudizio, responsabile del reato di cui all’art. 473 c.p. non perché avesse contraffatto o alterato i marchi incorporati negli elementi di cui sopra, ma “perché faceva uso al momento del sequestro degli accessori riportanti i marchi contraffatti“.
La Cassazione ha evidenziato che l’imputato stava solo trasportando i beni da una parte all’altra. Proseguendo ha affermato che l’uso di marchi e segni distintivi punito dalla disposizione normativa deve identificarsi con l’attività diretta a determinare un collegamento tra il marchio contraffatto e un certo prodotto; tale uso si sostanzia nell’attività squisitamente ma unicamente funzionale a determinare detto collegamento, tale non potendo ritenersi il mero trasporto di accessori marchiati, attività obiettivamente neutra rispetto alla strumentalizzazione dei medesimi per contrassegnare falsamente dei prodotti non autentici.
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